lunedì 12 gennaio 2015

Credere in Dio dopo "Charlie Hebdo"

Che cosa è realmente accaduto l'11 gennaio 2015 a Parigi con l'immensa manifestazione contro il terrorismo, nata quasi spontaneamente dopo la strage del “Charlie Hebdo”? È stato un momento di unità o di divisione? È stata la Marcia della Libertà di Pensiero o la Marcia del Pensiero Unico? E soprattutto: è stato o no l'evento a partire dal quale l'uomo europeo si è gettato definitivamente alle spalle ogni appartenenza religiosa, con particolare riferimento al cristianesimo?

A onta della grandissima partecipazione popolare e della folta rappresentanza di capi di stato, si può dire che questa manifestazione più che unire ha diviso. A livello internazionale resterà memorabile la diserzione degli Stati Uniti. Sul piano interno, un movimento politico importante e in ascesa come il Front National è stato emarginato e posto quasi sullo stesso piano dei terroristi islamici. La marcia è stata di fatto monopolizzata da una sinistra in difficoltà e da un presidente in crollo verticale di consensi. Ha riaffermato solennemente tutti i dogmi del pensiero unico: la scontata condanna del “razzismo” (che con questa strage non c'entrava affatto), l'accoglienza, la convivenza, il meticciato, l'integrazione, il rifiuto della propria identità eccetera eccetera, senza interrogarsi per nulla sulle radici in primo luogo religiose di un attacco all'Europa e all'Occidente che dura ormai da quarant'anni e che diventerà molto più grave in futuro.

Ma soprattutto il risultato a lungo termine della manifestazione potrebbe essere l'aver gettato l'ombra del dubbio e della sfiducia sulle religioni, mettendo indiscriminatamente nello stesso calderone il fondamentalismo islamico e l'appartenenza religiosa cristiana. Il luogo comune per il quale “le-religioni-sono-portatrici-di-violenza” rischia di diventare davvero, e definitivamente, parte integrante della mentalità dell'uomo medio occidentale da ora in poi.

Quale religione uscirà più colpita, l'islam o piuttosto il cristianesimo? Dire le lodi mattutine a scuola prima di cominciare le lezioni sarà considerato un atto grave quanto massacrare la gente con il Kalashnikov? Obiettare all'aborto in nome della propria fede sarà considerato alla stessa stregua dell'incitamento all'odio razziale o dell'organizzazione di una cellula terroristica? Esporre un presepe sarà come far saltare in aria una sinagoga? I manifestanti di Parigi sono disposti a difendere anche queste libertà, o solo la possibilità di esercitare ad libitum ogni corso del pensiero, non importa dove vada a finire?

Non è uno scenario futuribile. Sono cose che già stanno avvenendo in tutta Europa, specialmente nella Francia laica e repubblicana, con la repressione violenta delle manifestazioni contro il “matrimonio” omosessuale, l'arresto delle Sentinelle in piedi e l'incarcerazione di un anziano che aveva regalato scarpine da neonato a una donna che voleva abortire, la proibizione di portare simboli religiosi. Di tutte queste limitazioni l'islam risente molto meno del cristianesimo perché non riconosce legittimità alle norme e ai valori in contrasto con la sha'ria. e anzi con la sua struttura comunitaria sta creando una società parallela in cui le leggi dello stato non valgono più. Il caso estremo è quello dell'Inghilterra che ha ufficialmente riconosciuto la validità dei tribunali islamici, rinunciando di fatto al principio di uguaglianza davanti alla legge e ad esercitare la sovranità sul proprio territorio.

Ma, ancora più a fondo, quel che è accaduto costringe a porsi la domanda se davvero si può continuare a credere in Dio dopo la strage del Charlie Hebdo. Ma in quale Dio? Un Dio dispotico che ordina di uccidere, conquistare, sottomettere e fare la guerra? Un Dio d'amore che però si dimostra impotente a impedire stragi e massacri? Allora forse la comune, laica fratellanza umana? Ma come si può parlare di fratellanza se si scartano i non nati e si eliminano gli anziani e i malati, e mai le persone sono state così lontane e sole come ora che si parla tanto d'”amore”?

La manifestazione di Parigi lascerà come strascico, probabilmente, un inasprimento del laicismo più che un rifiorire della vera libertà di pensiero. Ma a coloro che brandiscono le matite vorrei ricordare che con quelle si può creare anche bellezza, come questa:



Ditemi voi se chi ha disegnato questo quadro era meno libero e meno felice di chi usa il disegno solo per fare satira.

Giovanni Romano

venerdì 9 gennaio 2015

Il peggiore epitaffio possibile

Non avrei voluto scrivere questo articolo, perché sulla strage di Parigi si sta scrivendo tutto e il contrario di tutto. C'è chi l'ha presa a pretesto per attaccare la società multirazziale, chi ha incitato allo scontro di civiltà, chi ha ricordato che nelle stesse ore della strage di Parigi Boko Haram ammazzava duemila cristiani in Nigeria (nella completa indifferenza dei nostri media), chi ha colto l'ennesima occasione per attaccare Papa Bergoglio, chi ha parificato scelleratamente Cristo e Maometto accusandoli di fomentare il fondamentalismo, chi come Salman Rushdie ha auspicato un "intrepido disprezzo" verso la religione.

Lascio ad altri la cura di sviscerare tutto questo, io mi limito a un titolo di giornale che mi ha particolarmente colpito perché rappresenta il peggiore epitaffio possibile per un uomo che meritava ben altro rispetto. Si tratta del poliziotto magrebino Hamed Merabet, finito dai terroristi in fuga mentre giaceva agonizzante sul marciapiede.

Il Daily Mail di ieri è infatti uscito con questo titolo a dir poco sconcertante:

"È morto difendendo il diritto
di ridicolizzare la sua fede"


Non è una boutade, l'hanno scritto sul serio, riprendendo un tweet apparso in rete e che in pochi minuti è diventato virale.

Il solo fatto che una frase come questa sia stata scritta, sia stata immediatamente ripresa dal Web e sia diventata il titolo di un giornale a diffusione mondiale dovrebbe farci riflettere. Prima di tutto, c'è da chiedersi se sia stata dettata da una intempestiva emotività. Non sappiamo se Merabet fosse stato espressamente distaccato a protezione del settimanale Charlie Hebdo, a differenza di Franck Brisolaro. Probabilmente, sentendo gli spari e vedendo due uomini armati la sua reazione più logica e immediata è stata quella di affrontarli. Non sapremo mai se si fosse reso conto che quei due uomini avevano attaccato proprio quel giornale. In ogni caso è stato davvero un eroe perché non ha esitato a ingaggiare un combattimento impari contro avversari ben più armati. Ma da qui a dire che è morto per autorizzare altri a mettere in ridicolo la sua fede, perdonatemi, ce ne corre, e molto.

Questo vuol dire che se Merabet si fosse reso conto che stavano sterminando la redazione del Charlie Hebdo avrebbe dovuto guardare dall'altra parte? Certamente no, ed è qui che si tocca il cuore del problema, il motivo vero per cui i giornalisti del settimanale andavano protetti anche a costo della vita.

Immaginiamo che al posto di quel poliziotto fossi stato io, cristiano cattolico, perfettamente al corrente delle sconcezze, delle bestemmie e delle volgarità contro la Madonna, Cristo e la mia religione, spesso senza un briciolo di intelligenza o di vero humor, che erano il pane quotidiano di quei giornalisti "illuminati". Non avrei difeso il loro diritto di bestemmiare, da cristiano li avrei difesi semplicemente perché erano esseri umani, creature come me, in cui Dio spera fino all'ultimo istante della vita come mi auguro speri nella mia.

Questo, e non altro, era il motivo per difenderli. Custodire la loro vita, non la loro libertà di bestemmiare. Che tollerare le beffe alla propria fede sia considerato una virtù è il peggior sintomo del relativismo in cui siamo caduti, insulto grave alla memoria di un poliziotto valoroso come Hamed Merabet.

Giovanni Romano

domenica 4 gennaio 2015

Una domanda su "Coraline"

Come mai nel film Coraline sono i cattivi, gli pseudo-genitori coi bottoni al posto degli occhi, quelli che a tavola recitano la preghiera, mentre i buoni (Coraline compresa) usano gli amuleti, leggono il futuro nelle foglie del tè e usano la bacchetta del rabdomante?

Non è questo un modo abbastanza grossolano di attaccare la preghiera (quella cristiana, ça va sans dire), e di diffondere la superstizione?

E questo sarebbe il mondo adulto ed emancipato dal cristianesimo?

Giovanni Romano