venerdì 31 gennaio 2014

Anobii, se ci sei... batti un colpo!

Da tempo ormai sono iscritto al social network dei libri Anobii.com, dove ne ho inserita una quantità che probabilmente mi basterà per tutta la vita e che quasi certamente non riuscirò a finire anche a causa del tempo che passo al computer.

Di solito l'aggiunta di un nuovo libro è molto facile, dato lo sterminato database di volumi finora catalogati dagli utenti (nel momento in cui scrivo sono 41.914.333): basta immettere il titolo o il codice ISBN e il libro viene immediatamente inserito nel proprio scaffale.

Se poi il titolo non è stato ancora catalogato, niente paura: è sempre possibile introdurre i dati in una schermata che il sito mette a disposizione, e così si collabora alla crescita del database e ai contatti tra gli utenti. Tra la segnalazione di un nuovo testo e l'inserimento da parte di Anobii passano in media due o tre giorni.

Tutto ciò premesso mi chiedo: come mai Anobii non fa ancora comparire nel mio scaffale il libro dell'Avv. Amato di cui all'illustrazione, anche se ne ho creato la scheda da almeno una settimana? Forse l'argomento è troppo delicato, e il libro non è "politicamente corretto"? È vero che a volte Anobii funziona a singhiozzo, ma come diceva Andreotti: "A pensar male si fa peccato ma ci si azzecca quasi sempre".

ULTIM'ORA: Il libro è stato finalmente inserito. Grazie Anobii, ora spero che lo inseriscano anche altri.

Giovanni Romano

giovedì 30 gennaio 2014

"Mappa contro l'intolleranza" o strumento di schedatura?


Guardate questo disegno. Si riferisce a un articolo pubblicato dal quotidiano "La Stampa" il 16 gennaio scorso (link) relativo alla "Mappa dell'intolleranza", un software che non si limita a monitorare i tweet che contengono messaggi di odio contro le donne, gli omosessuali, i disabili, ma è capace anche di individuarne la provenienza attraverso la geolocalizzazione, e creare così una mappa delle aree più a rischio.

È vero che l'anonimato su Twitter offre un terreno di coltura fin troppo facile per l'insulto, il cyberbullismo o il cyberstalking, ma questa iniziativa è criticabile sotto due aspetti. Il primo è l'inquietante invasività del controllo informatico che certamente non si fermerà alle aree geografiche e arriverà fino al domicilio dei veri o presunti molestatori. Con il rischio di incolpare persone perfettamente innocenti. Sappiamo bene come gli hackers più esperti sono in grado di lanciare i loro attacchi da computers infetti e usati come "zombies" alla totale insaputa dei loro proprietari.

Il secondo aspetto è che si tratta di una mappa a senso unico e "politically correct". Solo alcune parole vengono monitorate (quelle illustrate nel disegno ne sono un esempio) e per giunta ad arbitrio dei programmatori. Nessuna offesa contro i cristiani, ad esempio, viene ritenuta degna di segnalazione. Non compaiono hashtags come #fanatico, #bigotto, #omofobo, #fascista, #clericale e via vituperando.

Che valore avrebbe quindi questa mappa se non quella di una pericolosa schedatura? D'altronde non si tratta di un'iniziativa isolata, ma s'inserisce in una rete a maglie sempre più strette che mira a controllare il pensiero e la libertà di opinione. Lo conferma il documentatissimo dossier Omofobia o Eterofobia? dell'Avv. Gianfranco Amato, presidente dei Giuristi per la Vita, pubblicato da Fede & Cultura, di cui citiamo due passaggi particolarmente significativi.

In riferimento al documento dell'UNAR sulle strategie anti-discriminazione, si legge a pag.86:

"Per promuovere efficacemente" le misure e il piano strategico proposte anche a livello locale "Risulta utile coinvolgere le reti di prossimità quali ad esempio i centri regionali antidiscriminazione, i nodi provinciali, le antenne UNAR e le altre strutture messe in campo agli organismi del decentramento amministrativo (circoscrizioni, municipi eccetera) con l'obiettivo di intercettare e raggiungere in modo capillare" le sacche di discriminazione omofoba presenti nel nostro paese. Poiché non è precisato, occorre chiedersi cosa siano le "antenne UNAR": uffici, sportelli, organismi di controllo, delatori sotto copertura, spie? [Il neretto è mio, N.d.R.]
Alla pagina successiva si accenna a una prospettiva ancora più inquietante:

"... è stato attivato un indirizzo di posta elettronica dedicato (...) cui possono essere inviate, anche in forma anonima, segnalazioni di atti discriminatori". [Anche qui il neretto è mio, N.d.R.]

Giustamente Amato conclude: "Si percepisce nella lettura un vago e sinistro sentore orwelliano".

Un sentore tutt'altro che vago, purtroppo. Lo psicoreato avanza a grandi passi, e chiunque si azzarda a dissentire sentirà prima o poi bussare alla sua porta la Psicopolizia.

Giovanni Romano

venerdì 17 gennaio 2014

Ma siamo sicuri che sia un errore?

Qualche giorno fa, il noto quiz L'Eredità ha proposto un quesito: su che cosa si fonda la Repubblica italiana?

La risposta che vedete nella foto ha scatenato le facili ironie della Razza Eticamente Superiore. Quelli che leggono sempre La Repubblica, per intenderci, e che si autodefiniscono colti, illuminati e progressisti. Mi sembra quasi di sentire il loro grido scandalizzato: com'è possibile tanta ignoranza, tanta mancanza di senso civico? Mi sembra di vederli guardare con una smorfia di beffardo compatimento "quei due poveri ignoranti abbrutiti da venti anni di berlusconismo"...

Io trovo però che forse ha più ragione l'ingenuità dei concorrenti, che hanno fatto riferimento a una realtà  tangibile come la famiglia, rispetto a una definizione arida e astratta quale quella di "lavoro". Prima di tutto perché oggi di lavoro ce n'è ben poco, specialmente per i giovani di quell'età, e richiamarsi a un valore così evanescente rischia di suonare vuota retorica. In secondo luogo, nemmeno i costituzionalisti più smaliziati sono riusciti a mettersi d'accordo su una definizione soddisfacente di cosa rappresenti il lavoro come valore.

A parte il complesso di superiorità, forse la reazione della Razza Eticamente Superiore nasconde paura e nervosismo di fronte alla verità elementare che nel quiz è balenata per un attimo: la famiglia è un nucleo naturale che viene prima dello stato e costituisce anche un ostacolo potenziale alle sue pretese totalitarie. Un'evidenza che in questo momento è particolarmente sotto attacco, e che si cerca inutilmente di esorcizzare con beffe e spiritosaggini a buon mercato.

Giovanni Romano

sabato 4 gennaio 2014

Bellezza, una parola dimenticata

Il 1° gennaio, se ben ricordo, la presidentessa della Camera Laura Boldrini ha assistito a un concerto di musica jazz con la partecipazione della giovanissima ma già affermata sassofonista cilena Melissa Aldana. Intervistata da Radio 3 sulle sue impressioni della manifestazione, ha risposto: "Bellissima! Ecco cos'è la musica: è meticciato, è mescolanza, è contaminazione!".

Apprezzo la passione della presidentezza Boldrini per il jazz, ma mi chiedo se i nostri politici, tranne qualche lodevole eccezione, debbano per sempre e comunque parlare per luoghi comuni e frasi fatte. Perché lei non ha detto semplicemente che la musica è bellezza? Né il meticciato né una esasperata "purezza" sono dei valori in sé. È l'artista che attinge liberamente al suo vissuto e al repertorio di esperienze di altri artisti per creare un prodotto inconfondibilmente suo, che può benissimo essere debitore a un'infinità di stili, ma si impone come un'esperienza nuova, una nuova scoperta, una parola mai detta prima che raggiunge e tocca tutti. Nell'arte la bellezza è data dal punto di arrivo, non dall'accumularsi del materiale di partenza.

Giovanni Romano