venerdì 25 dicembre 2009

Lettera ad Avvenire dopo l'aggressione al Papa

Caro Direttore, cara Redazione,

offro le mie preghiere per Sua Santità e il Card. Etchegaray dopo l’insensata aggressione di stanotte. Non bastava più attaccare la presenza pubblica della Chiesa in Italia. Non bastava più censurare o proibire il Crocifisso e il Presepe. Ora è Cristo stesso che viene aggredito nella persona dei Suoi ministri.

Quel che è accaduto mette in luce quanto sia grave la responsabilità di chi, dalla gente di spettacolo ai politici, dai registi agli operatori dei media, fomenta una mentalità di odio e di irrisione contro la Chiesa e i cristiani. Ma al tempo stesso fa scoprire qualcosa di più profondo. Non è tacendo la verità su un mondo impazzito e crudele che i cristiani salvano il mondo, ma lo salvano quando lo abbracciano nella persecuzione rifiutandosi di odiare, amando il mondo fino al sacrificio come ha fatto Cristo, che non ha scansato di nascere in tempi non meno cinici e violenti dei nostri.

Preghiamo davvero per il Papa, per tutti i cristiani perseguitati (e tra questi ormai potremmo esserci anche noi), perché persino la violenza e l’odio ci facciano riscoprire quanto è preziosa e grande l’eredità di amore che ci è stata consegnata.

Buon Natale,

Giovanni Romano

giovedì 24 dicembre 2009

Chi ha paura delle luci di Natale?



Ogni anno sotto le feste ritorna il pistolotto sul "Natale-con.meno-sprechi-e-meno-luci". E da un anno all'altro questo discorso m'infastidisce sempre più.
Prima di tutto perché Natale è appunto la festa di una Luce incontenibile, tanto incontenibile che non si è accontentata di stare in cielo ma è scesa in terra a offrire la salvezza a tutti. E poi, chi predica contro le luci e "gli sprechi" di Natale sembra non accorgersi che oggi non si combattono più queste cose, ma c'è avversione per il Natale cristiano in quanto tale. In Inghilterra, in Nord Europa. persino in Italia per opera di qualche maestrucolo o maestrucola frustrata e biliosa, oppure troppo timorosa di "offendere-le-altre-religioni" (accidenti però quanto sono facili a offendersi, le-altre-religioni!) invece che buttar via le luci e tenerci Gesù, ci siamo tenuti le luci e abbiamo buttato via il Bambino.
Per questo, anni fa, mi colpì molto negativamente l'iniziativa dell'Arcivescovo cattolico di Westminster quando proprio a Natale esortò i fedeli al digiuno. Che aridità spirituale, che pauperismo e che miopia! Così facendo non si aiutano i poveri (in tempi più cristiani molte famiglie condividevano il pranzo di Natale con gli indigenti) e si dà ragione a quelli che accusano il cristianesimo di essere una religione tetra, cupa, senza gioia. E in Inghilterra Dio solo sa quanta gente la pensa in questo modo ed è pronta a dare addosso ai cattolici per molto meno.
No. Il Natale è la festa dell'abbondanza, anzi della sovrabbondanza di Dio verso gli uomini. Cristo è nato povero ma non è nato triste. I pastori non hanno fatto lamenti sulla sua povertà ma Lo hanno adorato. Godiamoci quindi senza complessi tanto le luci quanto il pranzo e la compagnia. Per digiunare c'è sempre la Quaresima. E ricordiamoci che ci ha salvati un Cristo sofferente ma non un Cristo infelice.
BUON NATALE
Giovanni Romano

martedì 15 dicembre 2009

Devo pubbliche scuse a Berlusconi.




Per molto tempo ho pensato male dell'abitudine di Silvio Berlusconi di parlare sempre in luoghi chiusi come i teatri o i vari Palatrussardi, Palavobis e compagnia bella (lo ascoltai anch'io una volta al Palatrussardi, in occasione di una manifestazione per la libertà scolastica). Pensavo che questo fosse dovuto in parte a una buona dose di fifa e in parte a un calcolo propagandistico. Al chiuso è facile parlare davanti a un'audience su misura, un pubblico che dice solo "si". Pensavo che il Popolo delle Libertà fosse un popolo di plastica, nella migliore delle ipotesi gente pagata per sventolare bandiere a un tanto all'ora.


Non potevo sbagliarmi di più, sia riguardo a Berlusconi sia riguardo alla gente che gli sta intorno. Esporsi pubblicamente in un momento di tensione così grande, quando l'odio contro di lui è stato scientemente fomentato fino all'isteria e al parossismo, essere consapevole di andare incontro a contestazioni violente e inconsulte, provare paura e tuttavia avere il coraggio di vincerla non sono comportamenti da vigliacco o da manipolatore, e il premier si è guadagnato il mio rispetto oltre che la mia più sincera solidarietà. Da domenica sera mi sento più fiero di essere dalla sua parte.
Non ha senso rimproverare la polizia perché Berlusconi ha cercato il contatto con la gente. Fosse stato un leader completamente "blindato" sarebbe stato rimproverato e irriso per la sua lontananza dai cittadini. Si è fidato della gente, e qualcuno -pazzo o delinquente qui non m'interessa- ha proditoriamente tradito la sua fiducia. Colpa sua, come hanno insinuato Di Pietro o la Bindi? Non m'interessa neanche questo, del resto la malafede di tali affermazioni è sotto gli occhi di tutti.
Con Berlusconi la sinistra ha sempre giocato lo squallido gioco del "testa vinco io, croce perdi tu". Ma stavolta ha perso lei. Ha dato tutta la misura del suo cinismo politico, della sua inconsistenza culturale, del suo nulla umano.
Giovanni Romano

venerdì 11 dicembre 2009

Il finto minareto e la vera intolleranza (anticristiana)

Oggi Televideo riporta premurosamente la notizia di un "gesto di pace" verso l'islam compiuto da un imprenditore svizzero. Ecco il testo:


11/12/2009 02:20
Svizzera, erige "minareto" sul
camino
2.20

Un imprenditore svizzero non musulmano ha costruito un
finto minareto sul camino della sua azienda a Losanna. L'uomo, definendo
"scandaloso" l'esito del referendum di due domeniche fa,
sostiene di aver
agito per "inviare un messaggio di pace" e sottolinea come non ci siano mai
stati problemi tra gli svizzeri e i 400mila musulmani che vivono nella
Confederazione. Il finto minareto in pvc dispone di finestre a ogiva ed ha un
tetto in legno sormontato da una mezzaluna dorata.
Sempre sollecito verso gli islamici, il nostro Televideo, così politically correct che più correct non si può. Peccato che sul sito non sia stata riportata in alcun modo la notiza del tentativo di cacciare una suora da una scuola romana perché insegna con l'abito religioso. O che non abbia mai riferito della condanna di un agricoltore emiliano per "disturbo alla quiete pubblica" solo perché ogni venerdì celebrava la Via Crucis sul proprio fondo. O dell'ordine di un giudice francese di abbattere la grande croce che un contadino aveva eretto nel suo campo.
Più che di tolleranza, lo svizzero ha dato prova di dabbenaggine, coloro che attaccano la suora dimostrano tutta la loro vile intolleranza (sanno benissimo che non verranno minacciati per questo), mentre Televideo, da parte sua, ancora una volta si rivela complice della menzogna e della "dhimmitudine".
Giovanni Romano

martedì 8 dicembre 2009

Salvare il pianeta e ignorare le persone (CatholicNewsAgency.com)


Mi sembra particolarmente opportuno tradurre questo articolo di fronte all'isteria sul clima che si sta scatenando a Copenhagen in queste ore.




"Bjorn Lomborg, autore del libro L'ambientalista scettico e direttore del Copenhagen Consensus Center ha scritto una serie di articoli che in vista della conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici a Copenhagen. Questo in particolare si concentra sulla piccola comunità che vivono ai piedi del Kilimangiaro, molte delle quali sono più preoccupate di mettere sotto i denti qualcosa da mangiare che non della neve che si scioglie sulla montagna.


Circa 10.000 turisti visitano l'area ogni anno, in gran parte per paura che il giaccio scomparirà presto:


'Gli attivisti del clima sostengono che il ritirarsi dei ghiacciai sia una prova peri i paesi sviluppati che occorre ridurre le emissioni di ossido di carbonio. In realtà, i ghiacciai del monte Kilimangiaro si stanno ritirando del 1890, secondo una ricerca di G. Kaser et al., pubblicata sull'International Journal of Climatology (2004). Gli autori mettono in evidenza che quando Ernest Hemingway pubblicò Le nevi del Kilimangiaro nel 1936, la montagna aveva già perso più della metà della superficie dei ghiacciai nei precedenti 56 anni. Questo è più di quanto abbia perduto nei successivi 70 anni.


Secondo questo studio, e un altro pubblicato su Geophysical Research Letters (2006) da N. J. Kullen et al., la ragione per cui i ghiacciai stanno scomparendo non è il riscaldamento globale ma una svolta avvenuta circa dal 1880 verso climi più secchi. Quel che vediamo oggi è una conseguenza di quella svolta climatica.


Anche se alcune delle loro rivendicazioni sono discutibili, gli attivisti del clima sono riusciti a promuovere il turismo locale e hanno fatto un'opera meritoria a richiamare l'attenzione del mondo sui ghiacciai del pianeta. Ma non hanno svolto un lavoro altrettanto buono per richiamare altrettanta attenzione sul popolo della Tanzania e sui suoi reali bisogni'"


By Zoe Romanovsky

Copyright (c) CNA


Unauthorized translation by

Giovanni Romano


N.B: Nel testo originale c'era un link all'articolo di Lomborg, che però non è funzionante. Solo un caso?

mercoledì 2 dicembre 2009

In Svizzera ha vinto il coraggio, non la paura


Risparmio al lettore il coro delle prefiche laiche e religiose, dall'UE alla Chiesa cattolica, che si sono dette sorprese e scandalizzate per il risultato del referendum svizzero sui minareti. Un risultato che invece avrebbe potuto prevedere chiunque avesse occhi nella testa.



Solo con la peggior malafede di questo mondo si può pretendere che gli svizzeri facessero finta di niente di fronte all'invasione nemmeno più silenziosa e dissimulata dell'islam in Europa. Ma davvero la UE pensava che gli svizzeri sarebbero rimasti ciechi di fronte a episodi come l'assassinio di Theo Van Gogh, la fuga dall'Olanda della deputata Ayaan Hirsi Ali, cui era stata revocata l'immunità parlamentare con inconcepibile vigliaccheria? E in Italia, non abbiamo forse il giornalista Nello Rega minacciato di morte dai fondamentalisti perché ha scritto un libro "scomodo" sulle tattiche d'infiltrazione e di dominio dell'islam nel nostro paese?



Davvero gli svizzeri erano così ciechi da non accorgersi di quel che è successo a pochi chilometri dal loro confine, a Milano, quando migliaia di islamici hanno invaso senza autorizzazione il sagrato del Duomo per una preghiera fatta in spregio e intimidazione dei cristiani? I burocrati della UE pensavano davvero che gli svizzeri si fossero dimenticati che mentre gli islamici hanno la libertà di aprire migliaia di moschee in Europa, non permettono a nessuno di aprire chiese nei loro paesi? O che nessuno avesse sentito parlare delle migliaia di cristiani uccisi, torturati o costretti a emigrare per la loro fede in Sudan, in Pakistan, in Arabia Saudita, in Iraq, in Palestina? E poi, più banalmente, non pochi svizzeri avranno sentito come un'umiliazione l'imposizione agli aerei della Swissair di oscurare il timone di coda quando volano in Arabia Saudita, perché sulla bandiera svizzera c'è la Croce.



E a proposito di minareti: è un caso che i musulmani, ovunque arrivino, fanno in modo da costruirli in modo da sovrastare i campanili cristiani? E' solo un caso che nella mia città, con decine e decine di strade tra cui scegliere, gli islamici abbiano aperto la loro sala di preghiera in via Lepanto? E' solo un caso che a Barletta la loro moschea si trovi in Via Nazareth? Leggete cosa dice un leader islamico che passa per "moderato", il primo ministro turco Erdogan (che Buttiglione, con grande superficialità, aveva paragonato a un "democristiano"): "I minareti sono le nostre baionette, le cupole i nostri caschi, le moschee le nostre caserme e i credenti il nostro esercito" (IL FOGLIO, data odierna, p.I). Come pacifismo e volontà di dialogo non c'è male.



E la UE pretendeva che gli svizzeri si tappassero la bocca, gli occhi e le orecchie di fronte a tutto questo? Forse credevano di avere a che fare con le popolazioni europee, ormai asservite, private delle loro radici, ridotte dai loro governi al mutismo e all'impotenza. Gli svizzeri invece sono un popolo abituato da secoli alla libertà, la sanno difendere e hanno capito d'istinto di non poter andare d'accordo con una religione di sottomissione e sopraffazione come l'islam. Il loro voto non è stato dettato dalla paura ma dal coraggio. Coraggio di sfidare, una piccola nazione come loro, non solo l'ira dell'immenso mondo islamico ma anche il "politicamente corretto" di tutto il mondo e l'irresponsabile buonismo di non pochi ecclesiastici. Il segnale non poteva essere più chiaro: non sono state vietate le moschee ma i simboli della sottomissione e dell'imposizione. E' stato un NO contro l'intimidazione sistematica, la paura mascherata da "tolleranza", la discriminazione e l'umiliazione sistematica dei cristiani, il soffocamento dei nostri simboli "per-non-offendere-le-altre-religioni" (accidenti quanto sono permalose, le-altre-religioni!), la perdita del rispetto di sé che viene quando non si può più dire la verità e si deve vivere sistematicamente nella menzogna e nella dissimulazione.



Forse l'unico commento adeguato al gesto di coraggio degli svizzeri è una breve, bellissima preghiera del poeta ungherese Sandor Petöfi: "Aiutali, Dio della libertà!".


Non so se il resto dell'Europa ne sarà degno.



Giovanni Romano

venerdì 20 novembre 2009

Quando a essere aggrediti sono gli etero...

Dal sito Catholicnewsagency traduco un articolo relativo alle minacce contro i sostenitori della "Question 1", un referendum con cui gli elettori del Maine hanno respinto a larga maggioranza la decisione dell'assemblea dello stato di legalizzare il "matrimonio" omosessuale. La reazione non si è fatta attendere, e ora c'è gente che vive nella paura. Senza contare che prima o poi verrà qualche giudice a ribaltare la volontà popolare e ad "aggiustare" il risultato...

I sostenitori della Proposizione 1 non dovrebbero vivere nella paura di ricevere minacce di morte, dice un ex leader omosessuale


Augusta, Maine, 14 novembre 2009 / 07:30 pm (CNA)I sostenitori della Proposizione 1 del Maine hanno denunciato di aver ricevuto minacce di morte da rabbiosi oppositori della misura, che ha messo il veto alla mozione della legislatura dello stato che permetteva il “matrimonio” tra persone dello stesso sesso. In risposta, un ex leader omosessuale dice che i sostenitori non “dovrebbero vivere nella paura” ma dovrebbero “mantenersi forti” e mostrare un amore che aiuti i loro avversari a cambiare.

Il 3 novembre, gli elettori del Maine approvarono la Proposizione 1 con un margine del 53 per cento contro il 47, causando disappunto e sconcerto tra i suoi avversari.

Lunedì 9 novembre il quartier generale dell’organizzazione Stand for Marriage ricevette un messaggio vocale minatorio da una donna che diceva: “Siete morti. Forse non oggi, forse non domani, ma presto… sarete morti”.

Secondo il Portland Press Herald, il portavoce di Stand For Marriage Scott Fish disse che a scoprire il messaggio è stato un collaboratore dell’organizzazione che stava chiudendo l’ufficio a Yarmouth.

Il sergente Daniel Gallant, della polizia di Yarmouth ha dichiarato che il messaggio non identificava nessuno per nome. Ha riferito che la polizia sta prendendo seriamente la minaccia e che cercherà di rintracciare la chiamata. La polizia interrogherà i membri di Stand for Marriage che possono essere stati minacciati durante la campagna.

Venerdì scorso, un anonimo ha minacciato l’ex direttore della Christian Civic League del Maine, sostenitrice della Proposizione 1.

“Sto chiamando a proposito di Mr. Mike Heath, il direttore della vostra Christian Civic League del Maine. Lui pensa che le persone gay dovrebbero vedersi revocati i diritti che già possiedono. Be’, io gli posso dire questo: io sono un gay che possiede pistole, e lui è il mio prossimo obiettivo”.

Heath non lavora più per l’organizzazione e non è stato coinvolto attivamente nella campagna per la Proposizione 1, riferisce il Portland Press Herald. E’ stato coinvolto nell’opposizione alle proposte di attribuire diritti per gli omosessuali nel 1998, 2000 e 2005.

La polizia di Augusta sta investigando sulle minacce. Heath è stato avvertito dalla polizia.

La Christian Civic League ha riferito di aver ricevuto altri commenti critici che dicevano che “avrebbero bruciato all’inferno” per non aver creduto “nell’uguaglianza per tutti”. Altri messaggi sostenevano anche che Gesù avrebbe odiato il gruppo e hanno attaccato l’organizzazione per aver promosso “odio, intolleranza e menzogne”.

Secondo il sito MyFoxMaine.com, il comitato per il NO alla Proposizione 1 ha dichiarato che continua a condannare “ogni discorso o azione che non tratti le persone con rispetto… anche i nostri sostenitori hanno dovuto affrontare intimidazioni simili di tanto in tanto”.

Il comitato ha dichiarato di condividere l’opinione di Mark Mutty, direttore dello Stand For Marriage del Maine, il quale ha detto che gli avversari devono trattarsi l’un l’altro come “vicini di casa e collaboratori sul posto di lavoro”.

La CNA ha parlato delle minacce con Michael Glatze, un ex leader del movimento omosessuale che ha smesso di identificarsi come gay.

“Questa roba mi disturba veramente”, ha detto a proposito delle minacce. “Ogni volta che dici qualcosa sull’omosessualità è certo che si solleverà un sacco di odio, e la gente diventa piuttosto agitata e furiosa. Sono le stesse persone che stanno cercando di fare approvare la legge sull’omofobia”.

“Tutto questo può essere davvero spaventoso per qualcuno che si trovi in un posto cercando di aiutare e che cerca di andare controcorrente rispetto a tutti i messaggi che sentiamo nella nostra società”.

“Mi dispiace che quella gente nel Maine debba affrontare tutto questo”, ha detto Glatze delle minacce di morte.

Glatze ha detto che la questione “è così intimidatoria” oggi perché alcuni “stanno cercando di fare quello che è giusto”, ma sempre più gente dice: “lasciamo perdere, non voglio seccature, mi rassegno perché preferisco questo [legalizzare il "matrimonio" omosessuale, N.d.T.] piuttosto che vivere nella paura”.

Ha dichiarato alla CNA di non essere un sostenitore del “matrimonio” omosessuale perché crede che il matrimonio sia “una unione di uomo e donna, un patto creato per sostenere la vita e la crescita dei bambini”.

“E’ un patto divino, non fatto dall’uomo, quindi io penso che tutto questo movimento per il matrimonio omosessuale sia decisamente arrogante perché sostiene che l’uomo possa rimodellare questo patto divino per adattarlo ai suoi desideri particolari, che sono desideri in contraddizione con la felicità umana e alla riuscita della vita”.

L’accusa che i sostenitori del matrimonio tradizionale siano motivati dall’odio, dice, è “orribile” e lo fa stare male.

Glatze ha descritto alla CNA le sue conversazioni con un ex collega e compagno di stanza che ora lo definisce detestabile a motivo delle sue attuali posizioni.

“L’ironia è che io sono perfettamente calmo, e tanto più calmo sono tanto più arrabbiato è lui, e con tanta più veemenza mi sta cercando di dire quanto io sia detestabile. Non c’è bisogno che io descriva quanto sia ironica questa situazione”.

“La situazione è molto difficile per le persone perché sono completamente avvolte in uno stile di vita nel quale hanno vissuto per lungo tempo. Inoltre sono potentemente spalleggiate dalla nostra cultura e sempre più rinforzate da messaggi di leaders carismatici, organizzazioni scientifiche, divi di Hollywood, quasi tutti eccetto i cristiani, sfortunatamente”.

Quando gli è stato chiesto di discutere il suo passato, Glatze ha detto che si identificò per la prima volta come omosessuale all’età di 19 anni e divenne un attivista per cercare di “fare la differenza” ed “eliminare l’omofobia”.

“A un certo punto mi trovai a far parte di un gruppo di esperti ad Harvard e mi venne chiesto di rispondere a un mucchio di domande. Ricordo di aver espresso un mucchio di punti di vista pro-omosessuali, e mi resi conto di non essere del tutto sicuro di identificarmi con essi”.

“Improvvisamente arrivai a capire che non ero d’accordo”, spiegò, descrivendo questa esperienza come “molto, molto angosciante” perché significava che doveva sradicare la maggior parte delle sue ferme convinzioni.

“Finii con l’allontanarmi da quei miei errori e arrivai a quello che era un modo di vivere di gran lunga più aperto e non giudicatorio, il che naturalmente è l’opposto di quello che piace pensare alla maggior parte degli attivisti gay e ad altre persone”.

Ha detto che mentre era nel suo stato mentale precedente, l’amore della sua famiglia lo ha davvero aiutato.

Quando era sulla strada di diventare un leader di primo piano nel movimento, e persino la rivista TIME gli aveva dedicato un profilo, la sua famiglia di cristiani aveva “un amore che era l’amore che si può avere solo attraverso Dio”, ha detto.

“Questo traspira davvero attraverso tutto, non importa quali opinioni abbia una persona”, ha detto alla CNA.

Se avesse detto che aveva appena pubblicato il primo numero della sua rivista pro-omosessuali, la sua famiglia “non si sarebbe limitata a giudicare e dire che non era d’accordo. Avrebbero detto, ‘beh, buon per te Michael, siamo tanto orgogliosi di te’”.

“C’era un amore che sorpassava proprio tutto. Loro erano ancora lì, erano ancora con me. E a un certo punto è stato il loro amore che mi ha messo in grado di cambiare le mie idee”.

Quelli che vengono minacciati nel Maine e negli altri stati, ha detto, “non dovrebbero mai fermare quell’amore, l’amore di Dio, e mai dubitare di lui”.

“Ma al tempo stesso stiano attenti. Penso che davvero dovremmo mantenerci forti e aiutarci l’un l’altro perché è una situazione grave”, ha detto Glatze alla CNA.

“Ho ricevuto anch’io simili email. Mi spaventano, mi rendono molto nervoso. Questa è la nostra realtà oggi”.

Copyright © CNA
http://www.catholicnewsagency.com

Unauthorized translation by
Giovanni Romano

lunedì 16 novembre 2009

2012: fine del mondo solo per i cristiani...

Dal sito www.culturacattolica.it ho trovato questo trafiletto sul regista Emmerich, che non ha esitato a mostrare la rovina dei simboli cristiani, ma se l'è fatta sotto quando si è trattato di toccare quelli islamici.
Ecco il link all'articolo: http://tinyurl.com/yhzxzwm .
Buona lettura, e chiediamoci se già non siamo schiavi dell'islam, e prima ancora della nostra paura.
Giovanni Romano

giovedì 12 novembre 2009

E poi li chiamavano "Secoli Bui"...

Dal sito Insidecatholic ho trovato questa piccola notizia d'agenzia, che rivela molto sulla pietas dell'uomo medievale anche verso i più deboli e i malati. Vedi il link http://tinyurl.com/38q3ac :
Gli archeologi hanno scoperto in Irlanda i resti di una chiesa medievale che data circa al VII secolo. Ma la vera scoperta è stata il cimitero adiacente, con le tombe di più di 1.300 uomini, donne e bambini. I ricercatori hanno già fatto alcune affascinanti scoperte durante le esplorazioni preliminari:

una delle più interessanti (...) sono stati i resti di una giovane donna che visse circa intorno all'anno 800, il cui teschio mostrava i segni di un intervento al cervello. "Sappiamo che lei sopravvisse all'operazione perché il teschio mostra segni di crescita ossea dopo che il foro era stato praticato, ha dichiarato McDonagh.La squadra ha scoperto anche due casi di una condizione genetica nota come extostosi multipla ereditaria, conosciuta anche come la malattia delle ossa bozzute, mentre in un caso le gambe di un giovane uomo si erano fuse insieme."Quest'uomo visse fino ai trent'anni, che erano allora la durata di una vita normale. Sarà stato necessario sollevarlo di peso per portarlo in giro dovunque andasse, ed è stato ovviamente sepolto con decoro e rispetto. il che ci dice qualcosa sul modo in cui le società medievali trattavano i disabili", ha aggiunto McDonagh.
Sebbene ci fosse molta rozzezza nei primi secoli del medioevo, quell'epoca non era fatta di sola brutalità. E' bello vedere che gli archeologi ci rivelano alcuni dei suoi lati meno conosciuti.
(c) 2009 Insidecatholic.com
Unauthorized translation by
Giovanni Romano

lunedì 2 novembre 2009

Obama riceve 2.000 bambini per Halloween. E per Natale, quanti?


I media hanno dato con grande enfasi la notizia dei 2.000 bambini che il presidente Obama ha ricevuto alla Casa Bianca per Halloween. A parte il fatto che se fossi stato il padre di uno di loro non l'avrei mandato in mezzo a scheletri, zombi e vampiri, mi chiedo come si comporterà a Natale un presidente tanto sollecito nel mandare gli auguri del Ramadan ai musulmani e celebrare festività che nulla hanno di cristiano.


Staremo a vedere quanti bambini il presidente Obama riceverà (se li riceverà) per Natale. E staremo anche a vedere se anziché mandare gli auguri di "Merry Christmas" manderà gli scipiti e falsi "season greetings". Quando a me, da quest'anno rispedirò al mittente qualsiasi cartolina, email o augurio che non accenni esplicitamente al Natale.

Come dicono negli USA, "stay tuned"...

Giovanni Romano

venerdì 16 ottobre 2009

Olanda: una società in sedazione terminale

Sul sito InsideCatholic ho tradotto questo articolo estremamente interessante sull'Olanda e sulle falsificazioni cui il paese fa ricorso per darsi l'immagine di una società "tollerante" e "aperta" mentre sta silenziosamente morendo di solitudine e di disperazione.

L'articolo prende in considerazione due soli argomenti (aborto ed eutanasia) ma in realtà ci sarebbe molto altro da dire: la viltà e l'autocensura di fronte all'aggressività islamica, la solitudine che porta a un altissimo tasso di suicidi e a manifestazioni di rabbia insensata, la diffusione incontrollata delle droghe. Ma l'articolo è gia illuminante di suo. Buona lettura.


di Joseph Meaney

Nella mia visita più recente ad Amsterdam per il Congresso Mondiale delle Famiglie (WCF) sono stato colpito ancora una volta dalla rimarchevole facciata di prosperità pacifica e tollerante che gli olandesi tengono in piedi. Sebbene sia sempre più in evidenza la sua famosa tolleranza verso il sesso sfrenato e la licenza, il fascino di Amsterdam resta intatto nelle sue linde case, nei negozi, nei musei, e nelle sue chiese bellissime (sebbene vuote).

La cruda verità, tuttavia, è che questo faro mondiale di liberalismo sta marcendo dall’interno e deve fare sempre più affidamento sulla menzogna per mantenere le apparenze di una nazione fondata sulla tolleranza, la pace e la prosperità.

Da nessuna parte questo è stato più evidente che al WCF, un evento a cadenza biannuale che mette insieme persone che hanno a cuore la vita e la famiglia provenienti da tutto il mondo. La stampa nazionale ha dibattuto se fosse accettabile o no aver permesso che si tenesse ad Amsterdam e ha condannato la partecipazione di deputati al congresso. Manifestanti anarchici anti-famiglia hanno vandalizzato l’ufficio del WCF e hanno imbrattato con vernice spray i muri che conducevano al centro conferenze di messaggi con slogans come “Fondamentalisti cristiani tornate a casa e crepateci” e “Libertà di scelta”. Gli operai del comune hanno rimosso i graffiti entro poche ore dalla loro apparizione in una notevole dimostrazione di efficienza.

Le autorità olandesi sono diventate molto abili a dissimulare gli atteggiamenti contro la famiglia e contro la vita che stanno erodendo non solo le ultime vestigia della loro ricca cultura ma quel che rimane dello stesso popolo olandese. La popolazione totale è di 16,7 milioni; gli ultrasessantacinquenni costituiscono quasi il 15% degli abitanti (in contrapposizione agli Stati Uniti, i cui cittadini ultrasessantacinquenni costituiscono il 12,8% della popolazione). La percentuale dei giovani al di sotto dei 15 anni sta calando, e all’interno di questa fascia demografica vi è un numero sempre maggiore di immigrati stranieri. E’ un fatto di pubblico dominio che il nome più comune scelto per un bambino di sesso maschile che nasce oggi ad Amsterdam è Mohammed (come nel caso di Londra, Bruxelles, Oslo e Copenhagen). A parte gli argomenti sulla religione, le differenze etniche e l’assimilazione, non ci vuole un demografo di professione per capire che questa tendenza non promette bene per gli olandesi di origine europea.

Questa nazione orgogliosamente progressista cerca sempre più di mantenere la sua aria di normalità e di prosperità per mezzo di elaborate falsificazioni. Gli olandesi sostengono spesso che il loro paese ha uno dei tassi di abortività più bassi al mondo, con 6,5 aborti su 1.000 donne, o circa 22.400 all’anno. E sostengono di avere un bassissimo tasso di gravidanze adolescenziali.

Ma questo non è altro che un trucco statistico. Sebbene gli olandesi usino scrupolosamente i contraccettivi, chiunque studi la pianificazione familiare conosce che le percentuali di fallimento dei contraccettivi sono molto alte. Aggiungete il fallimento inevitabile della prevenzione delle gravidanze a una popolazione apertamente promiscua, e vedrete inevitabilmente un gran numero di gravidanze.

L’Olanda sarebbe dunque un’eccezione a questa regola? Alcuni sostengono che il loro metodo “doppiamente olandese” di usare sia la contraccezione ormonale che i preservativi funziona meglio delle pratiche per il controllo delle nascite della maggior parte degli altri paesi. Una cosa di cui si discute raramente in questo contesto, tuttavia, è il fatto che ora è pratica comune per una donna olandese in ritardo con il ciclo andare dal suo medico generico e farsi praticare un’”estrazione mestruale”, o “regolazione mestruale” - un eufemismo intelligente per definire una procedura che consiste essenzialmente nel farsi vuotare manualmente il contenuto del suo grembo.

Ma qui sta il trucco. In questi casi, non si fa alcun test di gravidanza per determinare se la procedura ha fatto abortire un essere umano nei suoi primi giorni di vita. Così le estrazioni mestruali non vengono mai registrate come aborti, il che sono certamente in un gran numero di casi. Le statistiche ufficiali olandesi dunque sottostimano di gran lunga il vero numero degli aborti.

L’’eutanasia è un’altra area dove le cifre ufficiali danno un quadro fuorviante. Il dott. Henk Jochemsen, titolare della Cattedra Lindeboom di etica medica alla Free University di Amsterdam, ha riferito che l’Olanda riconosce ufficialmente circa 2.300 morti di eutanasia all’anno, comprese centinaia di pazienti che non hanno mai esplicitamente richiesto questo tipo di morte. Come se questo non fosse già abbastanza inquietante, ha rivelato anche che più di 11.000 persone all’anno muoiono sotto “sedazione profonda”. Questa procedura viene spacciata come un’opzione compassionevole per i malati terminali, un modo di mettere fine alla loro vita con dignità. Progettata in origine per essere impiegata raramente [ma quale pratica disumana non è stata presentata “solo per i casi estremi”?, N.d.T.), e solo allorquando i pazienti nelle loro ultime ore di vita stavano soffrendo di dolori che era difficile controllare.

Ma la sedazione profonda attualmente praticata in Olanda è diventata una forma diffusa di eutanasia passiva. Il dott. Jochemsen ha spiegato che oggi la causa di morte non è di solito la malattia ma la mancanza di cibo e idratazione -in breve, i pazienti vengono correntemente fatti morire di fame e di sete dopo essere stati drogati fino a perdere conoscenza, un fatto non rivelato dai dottori.

Non c’è bisogno di dire che queste morti sotto sedazione profonda non vengono contate come eutanasia in Olanda, anche se ammontano a più di quattro volte le cifre “ufficiali” delle morti per eutanasia (per ulteriori informazioni, visita www.lindeboominstituut.nl ).

La terra del progressismo impazzito ama proclamarsi un paradiso per gli edonisti “diversi” e un’isola di tolleranza. Statistiche disoneste possono tenere in piedi questa astuta illusione per un certo tempo, ma è improbabile che duri per molto tempo ancora la versione attuale del liberalismo olandese. Non è assolutamente possibile che si regga in piedi. L’entusiasmo per l’eutanasia può togliere di mezzo gli olandesi anche più velocemente di altre nazioni europee con tassi di natalità inferiori al tasso di ricambio demografico.

Molti gruppi etnici sono scomparsi nel corso della storia, generalmente tramite assimilazione all’interno di altri popoli che davano più valore alla nascita dei figli. Sarebbe una tragedia se il popolo e la cultura unici dell’Olanda, per amore della licenza e del calcolo, decidessero di cessare di esistere. Eppure questo lento suicidio è già molto avanzato. Mentre la cultura olandese europea si sposta dal presente verso il passato, sembra che gli olandesi abbiano scelto la sedazione profonda di tutta una nazione.

© Insidecatholic - Traduzione di Giovanni Romano

sabato 10 ottobre 2009

Beati i parlatori di pace... o no? - La sindrome di Felsemburgh


Se qualcuno fosse rimasto sorpreso del confermimento del Premio Nobel per la pace a Barack Obama, può stare tranquillo. Se è vero che il più delle volte il Comitato ha saputo premiare dei veri giganti nel loro campo (Camus, Einstein, Fermi, i coniugi Curie, Solzenicyn, Golgi, Tagore, Pasternak, per citare solo alcuni) altre volte ha premiato dei perfetti sconosciuti che tali sono rimasti anche dopo il premio (quanti sanno, ad esempio, che tanto Giosuè Carducci quanto Grazia Deledda furono premi Nobel per la letteratura? In Italia pochissimi e all'estero nessuno), oppure delle mediocrità presuntuose come Dario Fo, o persino degli scrittori che hanno inneggiato alla dittatura e al totalitarismo come Knut Hamsun o Mikhail Sholochov.

Non deve dunque sorprendere la nomina di Obama in sé. Sorprende invece il dichiarato carattere "d'incoraggiamento" del premio conferito a un presidente che, per obiettive difficoltà e mancanza di tempo, non ha ancora messo termine a nessuna guerra, non ha riconciliato ebrei e palestinesi, non ha fermato il riarmo nucleare iraniano e si è mostrato molto accondiscendente verso regimi totalitari come la Cina e Cuba.

Lo stesso Obama, a onor del vero, ha dichiarato onestamente di essere rimasto sorpreso da un premio che quasi certamente non si aspettava, o non si aspettava tanto presto. La Commissione, a sua volta, ha dichiarato di avergli conferito il Nobel per la nuova impostazione che ha portato nei rapporti internazionali. Finita l'epoca delle decisioni unilaterali e degli atti di forza à la Bush, è l'ora del dialogo e della concertazione.

Sulla carta il ragionamento non fa una grinza. Finché si ragiona non ci si bastona, dice il proverbio, e secondo la massima di Cicerone: "Niente è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra". Il guaio è che, piaccia o non piaccia, il mondo non è un giardino di rose, e se si vuole dialogare anche con dittatori, fanatici e terroristi bisogna farlo da una posizione di forza, e soprattutto non bisogna mai rinunciare a usarla se necessario.

Obama invece, e ancor più coloro che gli hanno voluto conferire il Nobel, sono forse convinti che la conflittualità mondiale sia stata causata da un atteggiamento troppo aggressivo e arrogante da parte degli USA e dell'Europa. Che sinistra miopia! Come faceva notare Roberto De Mattei nel suo libro Guerra Santa guerra giusta (Piemme 2002), spesso non siamo noi che scegliamo il nemico, ma è il nemico che sceglie noi, anche se non l'abbiamo provocato in alcun modo. L'11 settembre 2001 gli USA non occupavano un solo metro quadrato di terra musulmana, né avevano intenzione di farlo. Eppure furono aggrediti in maniera atroce e senza motivo.

Questo errore di prospettiva -illudersi che il male passi se ci limitiamo a non reagire- sarebbe già grave di suo, ma nel Nobel a Obama è entrato probabilmente in gioco anche un secondo fattore, più rozzo per alcuni aspetti e più sottille per altri. Un fattore che chiamerei "La sindrome di Felsemburgh", dal nome del protagonista del romanzo Il padrone del mondo di Robert Hugh Benson. Come romanzo è un disastro, scritto in modo approssimativo e quasi infantile, ma è straordinariamente penetrante nell'aver intuito le mostruosità che abbiamo ora sotto gli occhi: l'apostasia di massa e lo svuotamento della fede, il controllo totale dello stato sulle menti dei cittadini, le manipolazioni genetiche, la persecuzione dei cristiani e dei cattolici in particolare, perfino l'eutanasia quasi obbligatoria per legge. E pensare che il romanzo fu scritto nel 1907, ben prima di Noi di Zamjatin, di Brave New World di Huxley e di Nineteen Eighty-Four di Orwell!

Giuliano Felsemburgh è il giovane ed energico presidente dell'Umanità Unita a cui vengono conferiti poteri illimitati per creare finalmente un mondo giusto, pacifico, onesto, senza guerre e senza sofferenza. E soprattutto senza Dio. Con lo Stato Mondiale, col potere affidato al superuomo Felsemburgh, l'Umanità Unita spera finalmente di diventare padrona del proprio destino. Più nessun tabù, più nessun limite morale o materiale. Ma la liberazione è illusoria, Felsemburgh si rivela sempre più un dittatore crudele e senza scrupoli, anche perché assolutamente convinto di essere "l'eletto della Storia". L'unico ostacolo che ancora gli sbarra il passo verso il potere definitivo e senza limiti sono la Chiesa e i cattolici, perché gli ricordano che l'uomo è limitato, debole, pieno di errori e non può diventare Dio. Da qui una persecuzione senza tregua contro un numero sempre più piccolo di fedeli, fino a una conclusione assolutamente a sorpresa che qui non è il caso di rivelare.

E' ovvio che Obama non è certo un Felsemburgh, ma su di lui l'umanità ha appuntato delle speranze non dissimili. Il lato più rozzo della "sindrome di Felsemburgh" è appunto considerarlo un Messia che dovrebbe mettere magicamente le cose a posto. Ma questa è un'ingiustizia anche nei suoi confronti, perché Obama si è certo presentato come un presidente dalle idee chiare, ma non ha mai preteso di avere la bacchetta magica per risolvere tutti i problemi. Dal versante più sottile -e più inquietante- Obama viene visto come il presidente dell'umanità autosufficiente, la giovane promessa che finalmente dimostrerà che l'umanità può farcela da sola, senza chiedere nulla a nessuna entità superiore e senza sentirsi limitata da nulla. Lo dimostra il fatto che Obama ha rimosso le barriere alla sperimentazione genetica sugli embrioni umani e voglia togliere qualsiasi limitazione all'aborto, anche a sviluppo quasi completo del bambino. La più grande guerra che sia mai stata dichiarata alla vita umana.

Questo, a mio parere, è il significato del Nobel per la Pace che gli è stato conferito. Una "pace" che si fa mettendo a tacere molte domande, rinunciando a dire e a sostenere la verità (come nel caso di Cuba e della Cina). Un premio Nobel che un po' s'inserisce nel filone degli ultimi che l'hanno preceduto, come quello a Wangari Maathai, che si è occupata solo di piante, o agli allarmismi isterici sul clima di Al Gore. Ma la pace si fa tra gli uomini, e solo in secondo luogo con le piante o col clima. Da questo punto di vista, non vorrei che il Nobel a Obama fosse un premio dove l'uomo è diminuito per l'ennesima volta.

Giovanni Romano

P.S. N.1: Ma non era stato Nostro Signore a dire "Beati gli
operatori di pace", non semplicemente beati i parlatori di pace?

P.S. N.2: Avreste conferito il premio Nobel per la Pace a Neville Chamberlain, che per "dialogare" con Hitler distrusse la Cecoslovacchia e contribuì a scatenare la Seconda Guerra Mondiale?

giovedì 8 ottobre 2009

Moral Minority

In questi giorni il sistema politico italiano è in fibrillazione come forse nemmeno durante gli anni di piombo. Se allora la classe politica si era compattata contro il comune nemico terrorista, ormai da anni il paese vive un contrasto sempre più drammatico tra due schieramenti che ormai si disconoscono apertamente a vicenda.

Cosa del tutto incomprensibile in un paese “normale”, più larga è stata la maggioranza con cui è stato eletto l’attuale governo e sempre più travagliato e difficile è il suo cammino. Già prima della sentenza sul lodo Alfano, lasciava sconcertati la ridda di voci sulle elezioni anticipate, sulle dimissioni, sul dopo-Berlusconi. Tutto questo con una maggioranza solida, con un programma di governo chiaro e in piena attuazione, con un consenso popolare che nessun altro governo aveva raggiunto negli ultimi anni.

In questa situazione surriscaldata, la sentenza della Consulta ha fatto l’effetto di un fiammifero in una polveriera. Incontrollatamente impulsivo come sempre, Berlusconi ha inveito contro tutto e tutti, pronunciando parole incaute anche contro il Presidente della Repubblica e aprendo una crisi istituzionale molto pericolosa. Si è comportato esattamente come i suoi avversari volevano, scagliandosi a testa bassa come un toro contro il drappo rosso. E il drappo rosso -è il caso di dirlo!- è la Presidenza della Repubblica, considerata a torto o a ragione ancora una istituzione super partes.

Quello che m’interessa qui, però, non è giudicare della sua colpevolezza, né della fondatezza della sentenza della Corte Costituzione (ineccepibile in linea di principio). I penalisti hanno fatto notare che, sul piano strettamente processuale, le conseguenze per Berlusconi potrebbero essere scarse o addirittura nulle, perché sui processi incombe la prescrizione. Ma è chiaro che l’immagine di un premier perennemente sotto processo diventa politicamente insostenibile tanto sul piano interno quanto su quello internazionale. E se è vero che nessuno, nemmeno i “poteri forti”, in questo momento vuole la sua caduta, quel che realmente interessa tutti i suoi avversari è un governo politicamente azzoppato e dunque condizionabile.

Le implicazioni della vicenda sono in realtà ben più ampie, perché attraverso Berlusconi si vuole processare tutto il suo elettorato, tutta la maggioranza del paese che lo ha eletto. E’ qui che è entrata in gioco una vera e propria “moral minority” rappresentata da giornali laici, dalla TV di stato, dal mondo dello spettacolo, dalla stragrande maggioranza degli intellettuali allineati sul “politically correct”. Una lobby abituata alle passerelle senza contraddittorio sui giornali e in TV, all’arroganza e al disprezzo contro quelli che considera gli “incolti”, i “furbi”, i “delinquenti”, i “ladri”, i teleutenti “lobotomizzati” da Mediaset che si sarebbero fatti incantare dalla propaganda berlusconiana, oppure voterebbero il centro-destra perché rispecchia e alimenta le psicosi sulla sicurezza, la xenofobia, l’avversione agli immigrati e ai “diversi” .

Come è stato giustamente osservato, se il centro-sinistra mantiene questo atteggiamento di razzismo etico non fa altro che regalare voti a Berlusconi. E’ pura utopia sperare che degli elettori trattati sistematicamente da ladri e imbecilli, dopo una campagna di stampa tanto spietatamente denigratoria quanto scopertamente orchestrata, si volgeranno d’incanto alla sinistra quasi fosseo folgorati sulla via di Damasco.

Il punto è che alla sinistra non interessa essere legittimata dal voto popolare. Quello che vuole realmente è demoralizzare l’elettore medio del Pdl, fargli sentire il peso della disapprovazione dei benpensanti nostrani ed esteri, ricattarlo coi sensi di colpa, fargli pesare tutta la sua “inferiorità morale”, e se proprio non riesce a fargli cambiare parere, indurlo almeno a disertare le urne. Solo togliendo di mezzo il paese reale si può portare a termine dall’alto la “modernizzazione”, dal momento che il popolo -quello vero, non quello delle piazze antiberlusconiane- si tiene ancora incomprensibilmente attaccato a valori come la vita e la famiglia, manifesta qualche legittima perplessità sull’invasione indiscriminata dei clandestini, e non si lascia certo incantare dalle statistiche rassicuranti anche di matrice cattolica sulla diminuzione della criminalità.

No, alla sinistra non basta governare, deve educare! La maggioranza ottusa va guidata pure a suo dispetto, verso gli interessi “superiori”. Magari a suon di tasse e leggi contro l’”omofobia” e il “razzismo”. In questa sua ansia “pedagogica”, la sinistra rassomiglia veramente a una maestra di scuola sessantottina logorata da lunghi anni di frustrazioni, perennemente scontenta e querimoniosa contro i propri scolari tenuti sempre in stato di minorità, tutti potenzialmente sospettabili. Non pensare, c’è la sinistra che pensa per te! Non conosco nessuna forma di governo più tetra. Ma se davvero si volesse governare il paese in questo modo, soffocandolo e falsificandolo, si andrebbe incontro a delle tensioni sociali difficilmente controllabili se non con un vero e proprio regime.


E’ paradossale che a incarnare il desiderio di libertà e di realizzazione da parte di tanta gente comune sia un multimiliardario. Il paternalismo che spesso ispira i ricchi? L’adorazione popolare verso chi ha raggiunto il successo? L’identificazione con Berlusconi come figura “antipolitica”, più istintivamente vicina alla gente dei bizantinismi e delle prediche del Palazzo? L’illusione dell’“erichez-vous” riservato in realtà a chi i soldi già li possiede? Non so. Quello che è certo è che Berlusconi, nel bene e nel male, è stato finora una smentita vivente all’egemonia ideologica della sinistra. Se si fosse accontentato di far soldi in santa pace probabilmente l’avrebbero lasciato stare. Ma non ha mai voluto allinearsi ai “salotti buoni”, non ha fatto riverenze a nessuno. Pur con le sue goffaggini, i suoi eccessi potenzialmente pericolosi e i suoi limiti, incarna un’Italia che semplicemente vuole esistere, senza chiedere il permesso ai soloni di casa nostra, né tantomeno al “Times” o all’”Economist”.

Giovanni Romano

giovedì 1 ottobre 2009

Una vignetta ributtante

Sono rimasto profondamente scosso e amareggiato dalla vignetta apparsa sul “Times” il 29 settembre, e pubblicata da "Avvenire" il giorno successivo a p.35. Nell’illustrazione si vede un gruppetto di gente che manifesta per varie cause (la fine della guerra in Afghanistan, lo stop alla violenza sulle donne…) e ultimo un vecchietto che cerca inutilmente di porgere un volantino ai dirigenti del Labour Party che passano facendo finta di non vederlo. Su quel volantino, a caratteri cubitali, c’è scritto “Dignitas”.

"Avvenire" l'ha interpretata come “Dignità: la protesta della gente in Gran Bretagna contro l’attuale dirigenza laburista”, ma credo l'abbia completamente fraintesa. La vignetta è uno spot a favore della "Dignitas", la famigerata associazione svizzera che cerca di ottenere la legalizzazione dell’eutanasia in tutto il mondo. Come se la propaganda a favore del suicidio assistito fosse allo stesso livello della lotta alla violenza sulle donne! Come se il mondo fosse pieno di poveri vecchietti che supplicano disperatamente di essere tolti di mezzo, mentre i “cattivi” politici non vogliono ascoltarli.

Provo una vergogna infinita per chi è stato capace di ideare una vignetta simile e per il giornale che l’ha pubblicata.


venerdì 25 settembre 2009

Uomofobia

Fa parlare di sé la decisione del TAR di Lecce di sciogliere la giunta provinciale di Taranto perché tutti gli assessori sono uomini. Questo in ossequio alla legge sulle "quote rosa".

Con buona pace del "politicamente corretto", credo che questo sia un vero e proprio caso di "reverse discrimination". A parte il fatto che le assunzioni obbligatorie favoriscono le persone meno qualificate e meno competenti, alla base di questo provvedimento c'è una ostilità dichiarata verso il sesso maschile, il desiderio di diminuirlo e di svilirlo. Mi chiedo se il TAR si sarebbe mosso con altrettanta sollecitudine se la giunta fosse stata composta soltanto da donne.

Giovanni Romano

giovedì 24 settembre 2009

A Trani sempre più laicismo e sempre meno dialogo


Da venerdì 25 settembre e fino a Domenica 27 avrà luogo il tradizionale appuntamento dei “Dialoghi di Trani”, incontri e dibattiti ad alto livello con studiosi, giornalisti, protagonisti dell’attualità. Una manifestazione sempre seguita da un pubblico numeroso, attento e preparato, nella bellissima cornice medievale del castello svevo. Quest’anno, non soprendentemente, il tema è "Co-scienza e Democrazia".

A sorprendere, invece, è la scelta unilaterale dei partecipanti, quasi tutti con un pedigree rigidamente laico o laicista. Flores d’Arcais, Beppino Englaro (ho scritto qui quello che penso di lui), Piero Dorfles, Piergiorgio Odifreddi, Gilberto Corbellini, per citare solo i più noti. Mancavano solo Rita Levi Montalcini, Margherita Hack e Gianfranco Fini, e la compagnia di giro sarebbe stata al completo.

Nessun intellettuale cattolico, meno che mai quelli “politicamente scorretti” come Francesco Agnoli, Camillo Langone, Rino Cammilleri (che fu ospite l’anno scorso), o persino Vittorio Messori. Si annuncia una manifestazione a senso unico come mai prima d'ora.
Non so perché questo sia avvenuto. Può darsi che gli organizzatori non abbiano voluto invitare esponenti di area cattolica, nel qual caso i laicisti se la suoneranno e se la canteranno da soli (e poi dicono che è la cultura cattolica a essere autoreferenziale!). Se il dialogo è confronto di posizioni diverse, di cosa mai potranno parlare Flores D’Arcais e Beppino Englaro, se non forse incensarsi a vicenda e gettare veleno di comune accordo contro la Chiesa? Un dialogo vero e drammatico sul fine vita sarebbe stato mettere a confronto Englaro con Mario Melazzini o almeno con Roberto D’Agostino.

Può esserci però un’ipotesi ancora più inquietante: che nessun intellettuale cattolico abbia avuto il coraggio di farsi avanti, forse rifiutando di fungere da vittima sacrificale o zimbello di fronte a un pubblico prevenuto in senso laicista. In questo modo, però, ci si è impediti di testimoniare che la difesa della vita è una verità di ragione prima ancora che di fede. Non sono in grado di verificare nessuna delle due ipotesi. Quello che è evidente è un inquietante processo di ghettizzazione o auto-ghettizzazione che sminuisce non solo questa edizione dei Dialoghi, ma la cultura stessa.

Giovanni Romano

Il paradosso del museo egizio


Ho finito da due giorni di leggere un libro estremamente interessante della collana “I Meridiani” della Mondadori: “Testi religiosi dell’antico Egitto”. A parte il contenuto, che meriterebbe un commento molto approfondito (specialmente se si mettono a confronto questi testi con l’Epopea di Gilgamesh), mi ha colpito un dettaglio paradossale. Nelle note e nella ricchissima bibliografia viene citato numerose volte il Museo Egizio di Torino ma non compare il nome di nessuno studioso italiano, a parte Edda Bresciani, curatrice e traduttrice del volume. I grandi egittologi sono inglesi, americani, tedeschi, francesi e persino qualche russo. Ma di italiani nemmeno l'ombra.

E’ mai possibile che l’Italia possieda il secondo museo egizio al mondo dopo quello del Cairo, e non sia in grado di esprimere studiosi all’altezza? Non credo sia in questione il valore dei nostri studiosi, probabilmente deve essere una questione di finanziamenti alle ricerche. Il risultato è che il Museo di Torino per gli studiosi esteri è una miniera, e per gli italiani rischia di diventare un semplice magazzino.

Giovanni Romano

lunedì 21 settembre 2009

Lacrime di coccodrillo su Boffo

Il quotidiano online "L'Occidentale" ( www.loccidentale.it ) ha proposto il 13 settembre scorso un'analisi piuttosto interessante del "caso Boffo" a firma di Pietro De Marco. Alcune sue conclusioni sono senz'altro condivisibili, le avevo intuite persino io dal mio buco di provincia, come ad esempio il tentativo di smantellare la "linea Ruini". Giusta, ma tutto sommato marginale, anche la puntualizzazione che invita a non parlare più di "cattocomunisti" ma di "cattomanichei".

Ho notato che nell'articolo non si parla quasi del lato morale della vicenda ma solo di quello politico. In un certo senso è comprensibile, sia perché era troppo evidente che si è trattato di uno scandalo "a orologeria", sia perché la posta in gioco va ben oltre la singola figura di Boffo. Altre affermazioni, tuttavia, non mi trovano d'accordo, o mi trovano d'accordo solo parzialmente. Vediamo di analizzarle nei dettagli.

E' senz'altro vero affermare che: "Dino Boffo e Avvenire non erano in nessun modo omologabili ai nemici del governo". Ricordo benissimo molte lettere di cattomanichei, antiberlusconiani fanatici, che proponevano "evangelicamente" di bruciarlo in piazza, e rimproveravano aspramente il quotidiano e il direttore per la loro misura e il loro equilibrio. E' vero anche che molta destra cattolica ha sguaiatamente esultato per la sua caduta pensando di ritagliarsi chissà quale spazio di potere. Giusta dunque la considerazione di De Marco secondo cui questo è un errore che la destra pagherà molto caro (due giorni fa c'era già arrivato più analiticamente Don Massimo Camisasca quando aveva scritto sul Corriere che Boffo e Avvenire facevano argine, nel mondo cattolico, all'antiberlusconismo).

Da qui a dire, però, che si è trattato di un "errore" e di un episodio di "fuoco amico", ce ne corre, e molto. Non condivido in particolare questa affermazione:

Una prima conclusione: Dino Boffo è stato vittima del cosiddetto "fuoco amico" ed è stato difeso da falsi amici.

Si è trattato di tutt'altro che di un errore, ma di un attacco deliberato a freddo, perché c’è laicismo anche a destra. Un laicismo peggiore anzi, perché più attaccato alla conservazione di privilegi, più calcolatore, più opportunista, meno coraggioso. Anche a destra c'è la convinzione che la storia non la fanno i popoli ma le élites, e se il popolo non è d'accordo, peggio per lui.

De Marco fa una giusta diagnosi delle probabili conseguenze della caduta di Boffo: il crollo dell'area cattolica moderata e l'avanzata del pauperismo e dell'antiberlusconismo:

Feltri ha ottenuto in un attimo il risultato che anni di circolazione intracattolica di un falso diffamatorio non erano riusciti ad ottenere. Ma sarebbe ancora poca cosa, se l’errore (l’autogol come diffusamente lo si definisca nello stesso centrodestra) non fosse stato compiuto senza rendersi conto o saper calcolare che si offrivano alle sinistre, politiche e cattoliche, ad un tempo: la fine di Boffo e della sua sapiente moderazione di Avvenire e di altri media; la sanzione di una (presunta) "fine dell'età ruiniana"; il pretesto per una ennesima campagna contro Berlusconi liberticida e contro il governo; l'occasione per tutta la sinistra di mostrarsi defensor ecclesiae, un vero regalo immeritato, e per i laicati cattolici critici, per gli scontenti della Chiesa “silenziosa e indulgente con premier e governo”, un motivo di alzare la voce e proclamare giunta la stagione della "chiesa della profezia". Quest’ultima, poi, consiste nella mobilitazione dei fedeli, da parte di influenti cleri parrocchiali e organi di opinione ecclesiale, alla militanza contro la moderazione, e l'intelligenza, delle gerarchie e di Avvenire e, su tutti i fronti, contro il governo e il centrodestra (Fini escluso).

E' precisamente l'ultimo inciso che spiega tutto, che ci indica chi era dietro la manovra e perché. Ma De Marco non tira le conclusioni fino in fondo, preferisce illustrare le conseguenze ma non il cuore del problema:

L'obiettivo errore (non voglio pensare ad un lavoro consapevole; sarebbe follia [io invece si, N.d.R.]) diagnostico e strategico di Feltri e di alcuni ambienti conservatori anche cattolici, ha prodotto per ora il successo di uno spericolato uso di dicerie e sospetti da parte di quei diversi nemici (reali) di Boffo che oggi forse se ne dicono difensori ed estimatori. Il camuffamento dei fatti, e delle geometrie politiche, è tale che qualche ingenuo, nel mondo cattolico conservatore, ha fatto propria l'allucinazione feltriana di un "Boffo di sinistra" e ha pensato ad una liberazione di Avvenire! Qualche avventatezza comunicativa ha fatto speculare, persino, su una Santa Sede come mandante. Eppure in questa nuova, e confusa, situazione la risposta al cui prodest? è inequivoca.

D'accordissimo sulla maramaldesca irresponsabilità di alcuni ambienti conservatori cattolici che si ritroveranno in mano un pugno di mosche. Ma se vogliamo rispondere alla domanda "Cui prodest?" non dobbiamo annoverare solo la sinistra, ma anche Fini, nominato soltanto di sfuggita (ma il solo averlo fatto è significativo).

Molto interessanti gli ulteriori punti dell'articolo, dove si parla di "patologico ipermoralismo da intelligencija", di "sregolata retorica anti-potere persino da penna ecclesiastica", di "incontrollata patetizzazione del potere" (millenarismo travestito e/o buonismo, come abbiamo visto nel paragone irresponsabile tra gli annegamenti dei clandestini e la Shoah).

Un patologico ipermoralismo da intelligencija invade da mesi, da anni, i quotidiani, i fogli di opinione e i siti della sinistra. Sappiamo che gran parte degli enunciati sono semplicemente falsi, non hanno riscontro né in documenti né in atti di governo delle istituzioni o delle persone sotto tiro. L’opinione pubblica antigovernativa, quella cattolica inclusa, vivono così di analogie infondate e illogiche: ad es. quelle allarmistiche e vaticinatòrie di nuovo razzismo e fascismo. La sregolata retorica anti-potere persino da penna ecclesiastica, comunque da un’intelligencija che chiamo neomanichea, è il peggio. Preda di luoghi comuni, lo sfogo incontrollato in bocca cattolica è, poi, corruptio pexima. Niente può convenirle meno dell’incontrollata patetizzazione delle cose. Infatti la lettura quotidiana della sfera pubblica è stata segnata nel “popolo di sinistra” da una discriminazione secondo il valore: esso ha di fronte a sé l’iniquità del Nemico, la sua sottoumanità, la sua violenza, realmente da odiare, non meno che da temere e da irridere.

Il punto più interessante dell’articolo è dove De Marco individua la radice culturale profonda dell’antiberlusconismo nell’inquietante dualismo gnostico di chi si crede “figlio della luce” contro i “figli delle tenebre”:

Un dualismo gnostico - a piena conferma del celebre teorema di Eric Voegelin - ha dunque prodotto il mito di una presenza malvagia che ha contaminato il Paese o, semplice variante, che si è fatto espressione della sua contaminazione. L’intelligencija ha vissuto con angoscia la propria sconfitta nell’ultimo quindicennio politico come avvento di un universo alieno, sotto il dominio, sotto la Legge, di un demiurgo inferiore, cieco e malevolente. L’odio dell’intelligencija alla persona del premier è, dunque, odio ontologico.

De Marco non lo nomina, ma questo è precisamente l'atteggiamento rancoroso di Dossetti e dei dossettiani suoi alunni (Prodi e Andreatta in primis) com'è stato descritto nell'ultimo libro di Gianni Baget Bozzo e Pier Paolo Saleri “Giuseppe Dossetti - La Costituzione come ideologia politica” - Edizioni Ares.

Del tutto ingenua invece è la conclusione, che non vede (o non vuole vedere, o forse non può denunciare) da dove veramente è partito questo attacco (non semplicemente "errore"!) e non vuole ammettere che le sue conseguenze, obiettivamente disastrose per i cattolici moderati, non sono accidentali ma previste e volute una ad una, a costo di sfasciare il paese e di creare quasi una guerra di religione:

Nell’abbondante letteratura sul friendly fire vi è un capitolo importante su come distinguere senza errore, sul teatro delle operazioni, l’amico dal nemico. Sarà opportuno adattare analogicamente quelle tecniche di identificazione alla sfera politica, sperando che (e operando perché) le numerose, e già leggibili, conseguenze dell’aggressione a Boffo possano essere neutralizzate o contrastate.

Questo articolo, a leggerlo bene, sa di lacrime di coccodrillo, perché ormai il danno è fatto.

Giovanni Romano

sabato 12 settembre 2009

H1NI: dalla trascuratezza alla psicosi

A Napoli, purtroppo, si è verificato il primo decesso dovuto - indirettamente - all’influenza “A”, e la reazione è stata quanto meno sconcertante. Il morto - che non poteva contagiare più nessuno - è stato lasciato nel più completo abbandono come il cadavere di un appestato. L’unico che gli si è avvicinato è stato un sacerdote, con buona pace dei tanti laicisti che “amano l’umanità”. Quasi 200 autisti si sono rifiutati di uscire con gli automezzi se non fossero stati forniti di guanti e mascherina.

Non so se in altri paesi si sia verificata una psicosi del genere, ma non posso fare a meno di osservare che a Napoli troppa gente prima si culla nella più completa trascuratezza igienica e poi, quando arriva l’emergenza, perde completamente la testa. Né questa è una caratteristica dei soli napoletani. Succede ovunque quando viene trascurata la prevenzione.


Giovanni Romano

venerdì 11 settembre 2009

11 Settembre - per ricordare

Dal sito di Claudio Chieffo, il testo della sua meravigliosa canzone "Hope dance". Grazie a Martino Chieffo che l'ha postata stamattina.

Hope Dance
Parole e musica di Claudio Chieffo

Caro amore, nella fotografia,
mi sorridi, ma sei andato via…
sei volato in un giorno di fuoco,
come un grido spezzato nel vuoto.

Mio Dio dammi un segno soltanto
perché possa asciugare il mio pianto,

dammi un segno, una voce, un colore
per cambiare la rabbia in dolore.

Credevamo di essere i padroni del mare,
credevamo di vivere, ma vivere non è giocare…

Come allora nel ballo sul prato
la tua mano mi aveva lasciato,
ora ancora rimane l’attesa
della musica dolce sospesa…

Mio Dio dammi un segno soltanto
perché possa asciugare il mio pianto,

dammi un segno, una voce, un colore
per cambiare la rabbia in dolore.


Dai teologi un colpo di Coda


"Habe nun, ach! Philosophie,
Juristerei und Medizin
Und leider auch Theologie
Durchhaus studiert..."
(GOETHE, Faust, I vv.354-357)

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“Il Foglio” di sabato 5 settembre presentava, a pag.IV, una lunga intervista di Marco Burini al teologo Piero Coda in occasione del XXI° congresso nazionale dell’Associazione teologica italiana (Ati) che in questi giorni si tiene a Castel del Monte, nel comune di Andria (nella foto).
Non ho le competenze per discutere l’articolo nei suoi aspetti prettamente teologici, ma ci sono alcuni spunti che mi hanno fatto riflettere, e che dovrebbero far riflettere. Prima di tutto, la malcelata frustrazione e il senso di scontento che traspaiono dall’intervista, diretti contro il ministero ordinato, e più specificamente contro il Magistero.
Burini definisce i teologi “una classe intellettuale semiclandestina che ogni tanto si ritrova per contarsi e per vedere se può cominciare a contare davvero”. A parte la contraddizione di chi ha sempre rimproverato alla chiesa di popolo che “non ci si deve contare”, secondo le intenzioni di qualche teologo nella Chiesa tutto si dovrebbe ridurre a questioni di ruolo e di potere (la “rivendicazione” del sacerdozio femminile non è altro che questo). Come se l’essere stati chiamati a esercitare un ministero ordinato, e aver dato la vita per questo, non contasse nulla di fronte alla cultura degli specialisti.
Sinceramente, non so se un teologo di statura davvero monumentale come Hans Urs von Balthasar, uomo di sterminata cultura e di vocazione sacerdotale altrettanto profonda, sarebbe stato d’accordo.
In secondo luogo, Coda accusa il magistero di “mantenere lo status quo ecclesiale”. Dal profondo della mia ignoranza mi permetto di osservare che una cosa è lo status quo, dall’altra il depositum fidei. Inoltre, nell'intervista c'è un punto polemico davvero sgradevole, non all'altezza di un teologo della cultura e della preparazione di Mons. Coda. E' il punto in cui Coda tira una stilettata postuma al Card. Ottaviani, prefetto del Sant'Uffizio all'epoca di Giovanni XXIII e bieco conservatore nell'immaginario dei teologi "progressisti", rilevando con condiscendenza che il suo motto era "Semper Idem" ("sempre lo stesso"). In realtà, come potete vedere sul sito dell'araldica vaticana, il motto del Cardinale Ottaviani era "Semper Fidem". Una sola lettera cambia tutto, e la figura del Cardinale ne esce molto migliore di quella che Coda vuol far credere. Un lapsus freudiano nella migliore delle ipotesi, e non voglio nemmeno pensare alla peggiore.
C’è veramente da restare stupiti di fronte a un’affermazione come questa: “La teologia clericale è funzionale alla formazione dei preti e soprattutto è demandata ai preti. Ma non appartiene alla grande tradizione della Chiesa”. Ah, no? E San Tommaso d’Aquino, allora? E Sant’Anselmo d’Aosta? E San Bonaventura? E il Cusano? E San Giovanni della Croce, per non parlare di von Balthasar citato prima, non erano forse sacerdoti e ministri ordinati? Prevedo l’obiezione: nelle epoche in cui questi teologi sono vissuti, non era possibile fare teologia al di fuori della Chiesa e al di fuori del ministero ordinato. La teologia era monopolio esclusivo della Chiesa, chi si azzardava a interpretare per proprio conto le Sacre Scritture veniva bruciato come eretico. Il protestantesimo è nato anche per questo. Ma si può ribattere che nessuno di loro, in nessun momento, si è sentito limitato o costretto dal proprio stato sacerdotale, né dall’aderire al magistero della Chiesa.
Colpisce anche la sufficienza di Coda verso coloro che, con dedizione e intelligenza, cercano di aderire al Magistero e di calarlo nella storia con i fatti, non soltanto nei convegni. Ad esempio, un avvenimento come il Meeting di Rimini viene liquidato sprezzantemente in una sola frase: “Al Meeting di Rimini ho visto che vanno avanti per conto loro...”. E’ un’osservazione che si attaglia molto di più alla corporazione di questi teologi e alle sue velleità di potere. Basta vedere con quanto livore viene ricordata la scissione dell’Ati che dette vita alla Sirt (Società italiana di ricerca teologica) di cui fecero parte Rino Fisichella, Angelo Amato e altri: “Fu un tentativo destabilizzante con l’appoggio finanziario dei vescovi. Guarda caso molti di loro lo sono poi diventati...”.
Ma come? Non sono proprio i teologi a invocare libertà e dibattito, e poi quando qualcuno dei loro si permette di pensare in proprio viene bollato come carrierista, venduto, opportunista? Chi mette i suoi talenti di teologo al servizio del Magistero perde automaticamente cultura e intelligenza? Come può invocare rispetto, chi verso gli altri non ne mostra alcuno? Probabilmente è vero che il potere logora chi non ce l’ha, ma non abbassiamoci a questo livello. La controversia è ben più profonda.
Il punto è se, di fronte alla sfida dei tempi, i teologi saranno disposti a testimoniare Cristo e le verità della fede che non mutano col capriccio delle opinioni, oppure, come i giureconsulti, non faranno altro che mettere la loro eloquenza al servizio del potere di turno, giustificando tutto e il contrario di tutto. Vedi quello che è accaduto nella confessione anglicana. Coda parla abbonantemente di “profezia”, ma è tutta rivolta contro il Magistero, non c’è un solo accenno critico alla disumanità e al cinismo del “mondo”, col quale anzi si è più che disposti a venire a compromessi. Non vorrei che i teologi diventassero i nuovi dottori della legge, che mettono in discussione tutti i dogmi tranne le proprie opinioni.
Un’ultima nota di colore. Può sembrare un particolare insignificante, ma m’inquieta un po’ il fatto che questo congresso di teologia si tenga proprio a Castel del Monte e non, ad esempio, in un’abbazia o in un edificio cristiano. E’ vero che il nome originale del castello era “Castello di Santa Maria del Monte”, dal nome di un’antica abbazia benedettina che sorgeva nei pressi. E’ vero che a pochi passi dal Castello sorge una moderna chiesa con questo nome, eppure... eppure, perché proprio Castel del Monte è forse l’unico castello in tutta la cristianità che non ha una cappella? Non mi vengano a dire che il Castello è tutto un edificio religioso, costruito per “celebrare le diversità”. Già questo sminuisce il fatto cristiano, ridotto a una teoria tra le altre. Se proprio vogliamo approfondire, più che un edificio religioso Castel del Monte è un edificio magico, un luogo dove l’imperatore celebrava non le diversità ma l'omologazione, non la divinità ma se stesso e il suo potere arbitrario e svincolato da Dio.
Un “segno dei tempi” anche questo?
Giovanni Romano

P.S.: In realtà, il convegno si svolge presso il "Castel del Monte Park Hotel", il che se non altro denota la sana convivialità dei partecipanti. Ma il nome resta...